FEMMINICIDIO. UNA VITTIMA OGNI 2,5 GIORNI

intervista a Lorena La Spina, Segretario Nazionale dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia (ANFP).

A due anni dall’approvazione della legge contro il femminicidio, sportelli per uomini maltrattanti, numeri sos per le donne, campagne istituzionali di promozione della cultura del rispetto: eppure – oltre al femminicidio- secondo le statistiche del Viminale non accennano a diminuire neanche reati quali i maltrattamenti in famiglia, sfruttamento della prostituzione e pornografia minorile (di cui la maggior parte delle vittime sono donne o bambine). Cosa ne pensa?
“Francamente, più che pensare ad una correlazione tra i fenomeni, direi che la violenza sulle donne è un fenomeno di portata purtroppo ancora allarmante, che rivela come la risposta repressiva, per quanto fondamentale, non sia di per sé sufficiente.
Si tratta di un problema che mantiene una profonda radice culturale e che, proprio per questo, va combattuto su più fronti.
Il rapporto 2013 sull’omicidio volontario, pubblicato dall’Eures in collaborazione con l’Ansa, rivela come nel contesto familiare e affettivo la vittima sia principalmente donna (61,1%), di età compresa tra i 25 e i 54 anni. Mentre il killer in oltre 9 casi su 10 è un uomo. Ed infatti gli omicidi tra compagni interessano quasi la metà (49,1%) delle vittime totali di uccisioni in famiglia, la cui stragrande maggioranza avviene all’interno di una relazione affettiva: nel 70,8% dei casi il carnefice è il partner, un ex partner o l’amante. La distribuzione geografica rivela una prevalenza nelle regioni del Nord Italia, circa la metà (49,9%) dei casi, ben più che al Sud (30,7%) e al Centro (19,4%). Il fenomeno è, quindi, sostanzialmente “trasversale”, giacché l’incidenza non è maggiore nelle regioni in cui la condizione femminile si connota favorevolmente sotto il profilo economico, professionale o culturale.
E per comprenderne la reale drammaticità, oltre alle uccisioni di donne, dobbiamo tenere in considerazione l’elevatissimo numero di suicidi da parte di donne vittime di violenza domestica.”

La legge sul “femminicidio”, dunque, è stata efficace?
“Nel nostro Paese, specie a partire dal 1996, si sono avute una serie di importanti innovazioni normative. Nel 2009, un notevole passo avanti è stato compiuto con l’introduzione del reato di stalking. La legge sul femminicidio, approvata nel 2013, ha operato un intervento che mira a potenziare sia gli strumenti repressivi, sia quelli preventivi, ampliando anche l’ambito applicativo dell’“ammonimento” da parte del Questore. Si tratta di uno strumento importante, cui oggi si può ricorrere non solo per lo stalking, ma ad esempio anche per percosse e lesioni commesse nell’ambito di violenza domestica, considerate “reati sentinella”. L’utilizzo della misura è fortunatamente in aumento. La prevenzione è, infatti, fondamentale perché le misure repressive giungono quando ormai il reato è stato commesso ed è spesso troppo tardi. Resta ancora molto da fare, ma è forse presto per un bilancio definitivo sulla nuova legge.”

Secondo lei cosa si può fare di più e meglio per contrastare il fenomeno criminoso?
“Bisognerebbe lavorare sulla raccolta, lo studio e l’analisi dei dati relativi alla violenza contro le donne, al fine di assicurare una puntuale e documentata conoscenza delle specifiche caratteristiche e della reale portata del fenomeno in esame, presupposto essenziale per la successiva adozione di iniziative concrete; investire su idonee campagne di formazione e informazione, a partire dalla scuola, come hanno già fatto altri Paesi, se davvero vogliamo attuare una progressiva rivoluzione culturale, che ci consenta di superare la disparità di genere e gli stereotipi che accompagnano troppo spesso la rappresentazione delle donne e della condizione femminile; investire, ancora, sulla promozione e la concreta realizzazione di ‘pari opportunità’, anche (ma non solo) attraverso l’individuazione di strumenti che siano in grado di evitare sperequazioni dannose nelle fasi della gravidanza e della maternità; prevedere una formazione adeguata delle forze dell’ordine, della magistratura e della stessa avvocatura. E’, infatti, importante garantire che il primo contatto con la vittima sia con personale altamente qualificato, in grado di assicurare empatia e comprensione e di non trascurare tutti i possibili indicatori di forme di violenza spesso latenti, su cui è necessario intervenire subito. Uno sforzo maggiore andrebbe fatto per il potenziamento delle strutture preposte all’accoglienza e al supporto delle donne in difficoltà, aspetto indispensabile per garantire una tutela efficace ed incoraggiare alla denuncia, fornendo un’alternativa concreta a chi ha necessità di allontanarsi dall’ambiente domestico. Inoltre, è indispensabile evitare ritardi nello stanziamento dei fondi messi a disposizione per la realizzazione di azioni a sostegno delle donne vittime di violenza.
Si tratta di una battaglia oggettivamente molto impegnativa, che deve vedere il contributo di tutte le istituzioni e gli attori sociali, a vario titolo competenti in materia.” see more at http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Una-ogni-2-5-giorni-b1652bdd-e37c-4c80-8f8d-4dee4cc5ce38.html?refresh_ce

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