In treno, nel viaggio di ritorno dal Salento, le emozioni lasciatemi da questa terra scorrono dentro me come le immagini veloci dal finestrino. Ma non fuggono: rimangono e tornano in mente suscitandomi un sorriso. Mi sento reduce da un gran tour, e sarei rimasta volentieri un altro po’.
La calma, il senso di appartenenza, l’orgoglio di essere nati qui… Nel centro storico di Lecce, ho chiesto a varie persone indicazioni, prima di partire. Tutti hanno interrotto ciò che stavano facendo e si sono prodigati in variopinte spiegazioni, salutandomi con un sorriso e una stretta di mano.
Camminando rispettosamente per i vicoli leccesi – incantata da tanta storia – colori, silenzio e profumi mi accompagnavano mentre girovagavo senza meta. Nessun inquinamento acustico, né muri imbrattati, né immondizia fuori posto: anche questo è il Sud.
Ma il Salento non è solo Lecce, ma tutto l’hinterland (Latiano, Mesagne, Lequile, etc.) che conserva gelosamente peculiarità e tradizioni uniche. Ironìa, saper vivere e serenità sembrano caratterizzare l’indole salentina, tenendo bene in mente da dove nasce.
L’economia basata in un recente passato sul tabacco, poi sulla lavorazione della cartapesta, poi perlopiù sulla coltivazione intensiva di olio e – ora – sul turismo. Il tutto in una terra baciata dal sole, ricca di prelibatezze da gustare, prima di ballare insieme l’antica ‘pizzica’.
Esoterismo, leggende e rituali si intrecciano nella cultura del Salento. E invasioni, duro lavoro, povertà, emigrazione ed epidemie agricole non hanno impedito a questa terra di reinventarsi, protetta dalle sirene messapiche che vegliano da secoli, silenziosamente raffigurate qua e là.
Consigli: approdare in questo paradiso del Sud Italia con in tasca la guida emozionale ”
Il Salento a due voci” (Mancarella editore), racconto poetico in stile diario di viaggio interiore da Carmen Mancarella – salentina doc – e Rosanna Precchia.
Difetti: per chi è a dieta è un vero supplizio, vista l’opulenza eno-gastronomica, così come per chi è ateo, viste le continue citazioni architettoniche sacre. Ma la valenza storica, archeologica e naturalistica è tale da non poter rinunciare a vivere questa terra.
Vivere l’esperienza salentina vuol dire togliere l’orologio (quindi il cellulare), perchè il Salento è senza tempo. Si è fermato nella sua attualissime – seppur precristiane – testimonianze artistiche; si è fermato nel sapersi godere la vita degli abitanti. Si è fermato nel garbo con cui si rivolgono al turista e gli prestano la dovuta attenzione.