Partito da un’esigenza di risparmio, il ‘vintage’ è tornato prepotentemente di moda, soprattutto fra i più giovani. Capi unici, simboli dello stile di un tempo, che hanno fatto epoca e che rivivono con le nuove generazioni –
ll termine vintage definisce la moda d’epoca intesa anche come patrimonio storico e culturale rappresentato da importanti capi d’abbigliamento, accessori, bijoux e altri oggetti di vanità. L’abito o l’accessorio ‘vintage’ si differenzia e contraddistingue dal generico ‘seconda mano’, poiché la caratteristica principale non è tanto quella di essere stato utilizzato in passato quanto piuttosto il valore che progressivamente ha acquisito nel tempo per le sue doti di irriproducibilità con i medesimi elevati standard qualitativi in epoca moderna. La sua peculiarità è di essere testimonianza dello stile di un’epoca passata e di aver segnato profondamente alcuni tratti iconici di un particolare momento storico della moda, del costume, del design. Bistrot, auto, arredi, accessori, acconciature e musica: tutto per nostalgici degli anni ’40-‘50. Per gli abiti esistono anche negozi on line del ‘vintage’, dove però si perde l’atmosfera dei negozietti disseminati, ad esempio, nel centro storico di Roma, dove si possono sfiorare le piume dei cappelli indossati secoli fa, toccare le impalpabili sete di una volta o misurarsi una bombetta londinese originale. Il primo a credere in questo tipo di commercio è stato Michele Salvatori, negli anni ‘70. Oggi in in via del Governo Vecchio, per esempio, i commercianti del settore da 11 che erano sono rimasti in 3. Uno di questi è Omero Dafano, che ha iniziato negli anni ’70 con sua moglie Cecilia in un ‘buco’ di 8mq a via del Corallo, dietro piazza Navona. Dafano ci racconta perché crede ancora in questa moda. Arriva a bordo di una Vespa bianca, col suo pince-nez da taschino, e sgargianti bretelle d’epoca: personaggio pittoresco ed emblematico della zona, è un’istituzione nel mondo dell’usato, e descrive in modo colorito questa passione che per lui è diventato uno stile di vita. Anche se non condivide l’appellativo ‘vintage’, perché lui e l’inseparabile Cecilia, semplicemente e con umiltà, fanno “rivivere cose che stavano buttando recuperandole, lavandole, sistemandole, profumandole e vendendole” agli amanti del genere. “Nasce come un mercato di crisi, – dice – io compravo al liceo delle camicie usate, ne compravo 7 anziché due, e poi 5 le rivendevo sui banchi di scuola ai miei compagni. Adesso siamo in crisi anche noi? Ni: la gente crede di trovare la collezione dell’ anno precedente nei nostri locali, il che è assurdo perché avrebbe dei costi impossibili (e poi è un lavoro che a me nemmeno piace). A 60 e passa anni, invece, ancora mi dà un brivido trovare camicie hawaiane del ’60 o una coperta di piquet del ‘50”. Oggi l’afflusso a Porta Portese, a fiere vintage e ad altri mercatini sparsi sul territorio, segna un rifiuto della moda massificante e una voglia di senso di appartenenza e di ritorno al passato. Capi sartoriali d’epoca o collezioni di oggetti-simbolo della nostra cultura sono richiesti molto anche dagli stranieri: è perciò che, nonostante la crisi economica, questo settore commerciale resiste. – See more at http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Vintage-la-moda-che-vive-due-volte-intervista-a-uno-dei-pionieri-9cbf0cfa-b7de-42d6-a175-436f92481294.html